#LeggendoClarissa 2: una Cenerentola di metà Settecento
#LeggendoClarissa 2 [lettere 7-11]
Il 20 febbraio, Clarissa Harlowe spezza il silenzio dovuto al suo temporaneo trasferimento a casa dell’amica Anna Howe e riprende il racconto delle sue vicende di vita e di sentimento. Noi lettori rientriamo nella sua quotidianità con una notizia che sconvolge tanto noi quanto la nostra eroina: “Mio fratello e mia sorella sono riusciti in tutti i loro scopi. Mi hanno trovato un altro innamorato; uno orribile! E che tuttavia viene incoraggiato da tutti”.
Veniamo dunque a scoprire che la famiglia Harlowe appoggia in pieno il signor Solmes, l’uomo tanto detestato da Clarissa, e lo incita affinché porti avanti il corteggiamento verso la figlia. Mentre Clarissa supera la porta d’ingresso di casa sua, è proprio il signor Solmes ad accoglierla, con garbo e affettazione.
Senza nemmeno lasciarle il tempo di chiedersi cosa ci faccia quell’uomo in casa della sua famiglia, Clarissa si sente posta sotto accusa da parte del suo stesso fratello: “Il mio poco fraterno accusatore si è fatto avanti e mi ha imputata di aver ricevuto non meno di cinque o sei visite a casa della signorina Howe da parte dell’uomo che avevano tutti tante ragioni per detestare”. Clarissa cerca, a questo punto, di difendere la propria posizione, spiegando che il signor Lovelace si era sempre presentato con l’intento di far visita alla signora e alla signorina Howe; come avrebbe lei potuto sovrastare il volere dei suoi ospiti ed impedire ad un amico di famiglia di far loro visita?
Ad ogni modo, le visite del signor Lovelace a casa Howe non avevano consentito a Clarissa di trascorrere del tempo in esclusiva compagnia dell’uomo. Anna Howe, conoscendo la situazione dell’amica, non l’aveva mai lasciata da sola. Vista l’incredulità e la cattiveria della sua famiglia, Clarissa non si trattiene nel definire la sorella come una vera vipera (“Come si può essere un rettile tale da non rivoltarsi quando si viene calpestati?”): a suo avviso, infatti, l’indisposizione di Arabella deriverebbe dal passaggio dell’interesse di Lovelace da lei alla sorella minore. Clarissa Harlowe, come una Cenerentola di metà Settecento viene isolata dal fratello e dalla sorella ad Harlowe Place, senza alcuna possibilità di lasciare la casa o proseguire la corrispondenza privata (neppure con l’amica Anna).
Veniamo, poche pagine dopo, gettati a capofitto nel moralismo settecentesco e, più precisamente, nella condizione femminile dell’epoca: l’arrendevolezza, l’accondiscendenza, il silenzio e il ritiro a cui le donne erano costrette permeano questa parte del romanzo di Richardson. Leggere, oggi, frasi come “la mia reputazione e i miei principi mi guideranno a compiere il mio dovere”, “mia zia mi consiglia di sottomettermi alle interdizioni che mi hanno imposto”, fa letteralmente accapponare la pelle.
Clarissa Harlowe, però, ci sorprende e propone alla sua amica di proseguire una corrispondenza segreta: “Se potete, ho pensato a un modo per farlo. Ricorderete il Sentiero Verde, come lo chiamiamo, che segue il lato della legnaia e del pollaio […]. Sul lato della legnaia le assi sono marcite fino al pavimento per la lunghezza di un braccio, a gruppi, in parecchi punti. Hannah [una domestica] può uscire sul sentiero e fare un segno col gesso nel punto dove si può infilare una lettera o un pacchetto sotto qualche pezzo di legno”. Astuta Clarissa! Chapeau!
In risposta, Anna Howe si congratula con Clarissa per quest’abile stratagemma, appoggiandola in pieno in questa sua ribellione sulla famiglia opprimente. Con qualche frase calzante, inoltre, ella la spinge a riconsiderare in tutta libertà la sua posizione nei confronti del signor Lovelace: “L’amore è mosso da uno spirito sottile; e spesso si rivela ad un astante quando la persona posseduta non sa di avere un simile demone. […] Tutti i vostri amici lottando contro di lui con una violenza controproducente, lottano per lui. […] Sembra che vi sia un segreto che voi non desiderate che il mondo conosca; e lui è padrone di questo segreto. È di fatto egli stesso, come posso dire, questo segreto!”.
Ma Clarissa, nella lettera successiva, sembra offrirci una visione categorica e opposta rispetto a quanto l’amica ipotizzava. Ella si professa impossibilitata ad amare Lovelace a causa della sua scarsa moralità e dell’eccessiva vanità che ne costituiscono l’essenza profonda dell’indole: “Davvero, mia cara, quest’uomo non è l’uomo. Ho grandi obiezioni contro di lui. Il mio cuore non palpita per lui; non ho rossori, se non di indignazione contro me stessa per aver dato motivo a un’imputazione del genere”. Starà a noi scoprire se ella si stava semplicemente ingannando o se questi giudizi continueranno ad abitare il suo animo.
Come reagirà l’amica Anna Howe a queste dichiarazioni? E il signor Lovelace le verrà mai a scoprire?