#LeggendoClarissa 4: persuasioni materne e lettere trafugate
#LeggendoClarissa 4 [lettere 16-18]
I tentativi per convincere Clarissa a cedere di fronte al volere familiare proseguono senza sosta. A perpetrarli, a questo punto del romanzo, è la madre – Mrs. Harlowe – che le chiede udienza per convincerla a piegare il proprio cuore.
Se inizialmente tra le due sembra esistere la possibilità di discutere pacificamente della questione legata alle nozze concordate con il signor Solmes (sebbene la madre di Clarissa pronunci frasi quali “lascia che ti parli, bambina mia, poiché il silenzio è la tua scelta; ascoltami e tu taci. […] L’obbedienza è meglio del sacrificio. Oh, mia Clary Harlowe, fai esultare il mio cuore dicendomi che ho esagerato con le mie apprensioni!“), solo poche righe dopo, pare che ogni possibilità di dialogo sia stata d’improvviso interdetta, in favore di un’arrendevolezza pretesa:
Il tuo cuore si deve piegare, non le tue ginocchia – è assolutamente deciso. Preparati dunque a ricevere il tuo papà quando ti farà visita fra poco, com’egli vorrebbe ricevere te. Ma da questo quarto d’ora dipende la pace della mia vita futura, la soddisfazione di tutta la famiglia, e la tua stessa salvezza da un uomo violento. E ti raccomando, inoltre, se ti è cara la mia benedizione, di pensare a diventare la signora Solmes.
Evviva la spontaneità, insomma!
Prima del fatidico incontro col maschio alfa degli Harlowe, a Clarissa viene posta – dalla madre stessa – una domanda assai spiazzante: la signora Harlowe, infatti, le domanda se il suo cuore sia già impegnato nei riguardi di Lovelace. Alla titubanza della figlia (la quale, obiettivamente, non sa cosa rispondere e non possiede sufficienti elementi per definire un sentimento di qualsiasi genere nei riguardi del signor Solmes; ella, semplicemente, si oppone a un matrimonio che non intende ufficializzare), la madre afferma – con teatralità: mai più ti guarderò con un occhio di favore! […] Bada di farti trovare come ti voglio trovare, e poiché il tuo cuore è libero, fa’ che sia la tua obbedienza a governarlo.
Clarissa, tra un’interruzione e l’altra, riesce a esprimere – a mio avviso perfettamente – la condizione per cui nessuno dovrebbe essere costretto a sposarsi senza amore: chi può pensare di sposarsi quando il cuore ha uno spasimo alla prima apparizione e il disgusto viene confermato con ogni conversazione successiva? Credo che questa frase contenga in sé numerose verità, a partire dalla centralità del dialogo e del costante confronto verbale all’interno di una relazione di coppia; l’inesistenza di quest’ultimo dovrebbe bastare a trovare una risposta certa sulla situazione che si sta vivendo.
Ma ecco giungere, come preannunciato, il padre di Clarissa, con una severità nella sua espressione che mi ha fatto tremare. Facendo leva sul fatto che il pranzo sarà servito di lì a breve, chiede alla figlia di riflettere ancora per qualche minuto, scendere in sala da pranzo, accelerare il suo cedimento e dichiarare quanto egli vuole sentirsi dire. Ma Clarissa raggiungerà il resto della sua famiglia con una proposta differente: a questo punto mi sono offerta di vivere nubile; di non sposarmi affatto, mai più; oppure mai, se non con la loro piena approvazione. Nel leggere questa dichiarazione, non ho potuto fare a meno di pensare a quanto afferma la giovane Marianne Dashwood in Ragione e sentimento; quanti bei parallelismi crea la lettura dei classici!
Nel mezzo di questo trambusto, l’argomento legato a Mr. Lovelace viene nuovamente messo in gioco. La signora Harlowe scopre che Clarissa e Lovelace hanno proseguito nella loro corrispondenza, sebbene la figlia non lo avesse incoraggiato. Con pretenziosità, ella ottiene le lettere di Mr. Lovelace e fa una copia delle risposte della figlia, ritirandosi – poi – nei suoi appartamenti per poterle esaminare con la dovuta calma e giudicare la sincerità della figlia. Mrs. Harlowe, a lettura ultimata, non trova nulla da rimproverare all’atteggiamento mantenuto dalla figlia e, pur continuando ad insistere verso un definitivo allontanamento di Lovelace, chiede a Clarissa come vorrebbe comportarsi. Sarà concorde con la di lei proposta?
Ovviamente no!
Di nuovo vengono presentate le condizioni offerte e gli incentivi che la proposta matrimoniale del signor Solmes portano con sé. A nulla vale la preghiera (inascoltata) che Clarissa riserva alla madre: cara mamma, salvatemi, salvatemi, se potete, da questo duro malanno! Preferirei essere sepolta viva, lo dico davvero, che avere quell’uomo!
La lettera si conclude con una profonda – e ben scritta – riflessione sulla reputazione: il mondo, in genere, è più giusto nelle reputazioni che affibbia (poiché parla in base a quello che avverte) di quanto generalmente si pensi; e coloro che più si lamentano della sua tendenza a biasimare – forse – dovrebbero guardarsi dentro alla ricerca del motivo, più spesso di quanto facciano.
Lasciamo Clarissa nella speranza che sua madre possa cambiare idea in primis e riesca – in seguito – nella difficile impresa di farla cambiare anche a tutti gli altri membri della famiglia Harlowe. Secondo voi, saranno speranze ben riposte?