“Niente posto per le fiabe”, di Martina Ásero – la recensione
Passerà, vedrai. Ci sono punti che fanno male se li colpisci, ma quando passa il dolore non resta più nulla.
La calda e verace Catania è lo sfondo del nuovo romanzo di Martina Ásero – Niente posto per le fiabe, edito Caravaggio editore (collana Dattiloscritti) – autrice, docente e youtuber (potete scoprire i suoi godibilissimi video dedicati ai libri e alla lettura cercando il canale Ima AndtheBooks). Una storia all’apparenza lineare, il racconto dell’inizio di una conoscenza tra i giovani banchi di scuola, la scoperta dei primi timori, il crescere spontaneo dei legami che, irrimediabilmente, ci portano a maturare, a comprendere, a porci delle domande – su di noi e sul mondo esterno. In una terra e con un linguaggio che rievoca la penna di Niccolò Ammaniti e le atmosfere tangibili dei testi di Carmen Consoli, Martina Ásero regala la sua voce a Cinzia, un bocciolo appena emerso, una figura in cerca del suo domani, un puntino di sospensione fra mille pagine bianche – alcune stracciate, altre ancora da leggere.
Eravamo due sopravvissuti che si aggrappavano l’uno all’altro per venire fuori da una casa terremotata.
Contraltare del suo esistere e complementare della sua indole sarà Zucca – un compagno di classe, una spalla, l’ago della bussola capace di indicare sempre la direzione migliore da seguire. Zucca è ai margini, è un artista che lega le proprie radici – e le proprie paure? – agli alberi di cui colma i quaderni, dentro le fronde che inconsciamente riescono a preservare la sua natura, il suo timore, lo spogliarsi che il giudizio altrui gli impedisce. Cinzia e Zucca costruiranno un altare sulle rispettive rovine, cercando nutrimento nella luce reciproca, scacciando – per un periodo – il buio vorace desideroso di terrore.
«E la quercia cosa significa?», domandai.
Zucca prese la foglia dalle mani e la mise sul suo palmo aperto. La sfiorò con un dito, come se volesse accarezzarla. «É un albero robusto e resistente. Significa protezione, vuol dire che c’è qualcuno, da qualche parte, che ti protegge». Zucca sorrise.
«É una gran bella foglia».
«Si distruggerà. Come tutte le cose».
I legami stretti, spesso, subiscono urti e scossoni dagli esiti imprevedibili lungo le curve delle nostre storie. Sarà questa una delle lezioni che i due protagonisti dovranno fronteggiare, la progressiva consapevolezza della fragilità dei rapporti e del loro costante mutare. Cinzia e Zucca passeranno dalla culla ovattata delle favole lette tra le lenzuola, bisbigliate con voce tiepida nella certezza del conforto, all’irrimediabile frattura – il passaggio verso la maturità, dove, per l’appunto, non ci sarà più posto per le fiabe, dove solo la verità andrà rivendicata (e, finalmente, vissuta).
«E come fai a capire di essere innamorata?».
«Ah, se lo sei, non puoi avere dubbi, questo è sicuro».
Una crescita e una maturazione sentimentale, quella di Cinzia e di Zucca, il manifesto convinto dell’assunzione delle responsabilità, l’accettazione commossa della diversità; una riflessione attuale sugli errori e i singoli rimedi, sul perdono e sul “lasciar andare”, sul senso dell’amicizia, dell’appartenenza e delle sfumature dell’amore.
Niente posto per le fiabe sorprende col suo turning point inatteso che si fa specchio di molte altre trame – quelle che nelle antologie di fiabe spesso vengono saltate perché meno note, apparentemente meno universali. Cinzia e Zucca – grazie a Martina Ásero, com’è giusto che sia! – ci insegnano a porre l’attenzione e ad abbracciare le ombre di quelle righe d’inchiostro, a non farci spaventare, a confidare che tutto possa davvero mettersi a posto alla fine della storia.
Allora, senza una ragione esatta, ho sentito il bisogno di ricominciare da capo e scrivere tutto per me stessa e per ciò che sono stata e per far fronte a quel malessere che non sapevo interpretare altrimenti.
Un plauso, infine, all’edizione e alla cura che caratterizza il romanzo, rendendolo parte integrante del progetto stilistico-editoriale di Caravaggio editore e, insieme, perfettamente riconoscibile e collocabile nella collana dei Dattiloscritti – dedicata agli autori contemporanei. Un connubio, quello testuale e quello visivo, che rende Nessun posto per le fiabe un vero gioiellino.
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