“Confessioni”, di Ada Negri – la recensione
Vi è, nel matrimonio, chi si illude, chi si rassegna, chi mente a se stesso, chi rompe il freno e chi, invece, lo morde; ma la felicità coniugale non esiste, se non, forse, per eccezione.
Com’è già accaduto altre volte, anche in questa occasione la sinergia tra Caravaggio editore e Enrico de Luca permette agli affezionati lettori – e, oramai, azzarderei collezionisti – de I Classici Ritrovati di conoscere e confrontarsi con una voce delle Letteratura delle cui parole si era smarrito il suono. La lodigiana Ada Negri, autrice di Confessioni, fu poetessa, scrittrice e docente e i suoi testi ebbero notevole fama durante i suoi anni di vita. Penna dimenticata della storia letteraria italiana, con questa antologia di cinque confessioni femminili è possibile iniziare a scorgere il tono e alcuni degli argomenti caratteristici della più vasta produzione autorale.
Evocava in me l’immagine di quelle lettere d’amore delle quali il tempo ha reso pallido l’inchiostro e pressoché illeggibili i caratteri. Sono spente; ma qualcosa sopravvive in esse, il mistero di una storia vissuta.
Confessioni raccoglie, nell’ordine, i brevi testi intitolati: Un rimorso, Gelosia, L’assoluto, Clara Walser e Storia di una taciturna. Ogni testo riesce a scorrere sotto le dita e gli sguardi di chi si appresta alla penna di Ada Negri con una fluidità e una frizzantezza che non lasciano indifferenti. Piccoli flash, intime riflessioni, la descrizione rapida eppure accorta di aspetti più o meno ombrosi dell’animo umano e del suo agire, attraverso le quali emerge non senza difficoltà la propensione della stessa autrice per la poesia, il tocco lieve che la separa dalla prosa.
Anima chiusa; ma non si pensava di aprirle la porta.
Tra i cinque, la Confessione che ho preferito è stata certamente la prima – Un rimorso – la quale sembra volerci insegnare che i sensi di colpa successivi alla loro causa scatenante (soprattutto se grave e colpevole) hanno valenza ridicola e superflua; per evitare rimorsi e inevitabilità, andrebbero compiute scelte ponderate e coscienti, rispettose. Provare a posteriori dei sensi di colpa non giustificherà mai l’atto né renderà meno colpevole il carnefice.
Io mento vivendo.
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