“La figlia di Mr Bennet”, di Timothy Underwood – la recensione
Non mi fido più dell’innocenza apparente.
La collana “Variazioni” della Vintage Editore ci sta abituando a una serie di romanzi pensati – per l’appunto – come vere e proprie trasformazioni di romanzi classici amatissimi, atti a proporre mutamenti di trama, di elementi della narrazione, di Destini dei personaggi. La figlia di Mr Bennet è la vera e propria new-entry di questa collana editoriale: opera di Timothy Underwood, questa variazione del celeberrimo Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen riassesta i paradigmi del romanzo originale ancor prima che esso abbia inizio. Il lungo Prologo de La figlia di Mr Bennet, infatti, ci pone dinnanzi a due giovanissimi personaggi – Mr Bennet e Miss Frances Gardiner (ovvero la Mrs Bennet austeniana) – che si incontrano per la prima volta e, più o meno coscientemente, iniziano un percorso comune che li porterà in breve al matrimonio. Fin qui, nulla di nuovo, direte voi – a maggior ragione considerato il fatto che i due sposi daranno vita a due figlie (Jane e Elizabeth, che tutti noi ben conosciamo). Ma sarà proprio a questo punto che la variazione di Underwood entrerà in gioco.
Abbiamo visto che danni può provocare un matrimonio dove non c’è nessuna affinità di spirito.
Mrs Bennet, infatti, cederà alle lusinghe della passione amorosa e deciderà di seguire il proprio cuore (pur andando contro ai valori del matrimonio e alla fedeltà coniugale): perdutamente innamorata – e felicemente ricambiata – del praticante di suo padre, Frances fuggirà con Mr Yates concretizzando il suo sentimento e la sua necessità di affetto, quell’affetto che Mr Bennet sembra impossibilitato a fornirle, poiché sommerso dalle aride pagine dei libri e dei trattati – che non esercitano fascino alcuno sull’indole della donna. Con sé, ella porterà la primogenita Jane, lasciando la (ancora) troppo giovane Elizabeth alle cure paterne e della prescelta balia. Com’è facilmente intuibile, da questo punto in avanti, gli eventi subiranno svolte e incroceranno sentieri del tutto inediti.
Una ragazza nubile in possesso di una dote cospicua doveva essere per forza in cerca di un gentiluomo celibe con un ingente patrimonio. Soprattutto uno che amava ballare.
Proprio come accadeva in Orgoglio e Pregiudizio, anche nel romanzo di Timothy Underwood assistiamo al trasferimento dei due gentlemen della narrazione a Netherfield: l’incontro tra Mr Bingley, Mr Darcy e la famiglia Bennet (in questo caso ridotta ai meri Mr Bennet e Lizzy), però, si struttura in maniera del tutto diversa. La defezione di Jane e delle altre sorelle Bennet, infatti, impedisce alla trama di prendere la direzione già tracciata dalla penna originale: Mr Bingley inizierà, infatti, a corteggiare Elizabeth Bennet e Mr Darcy resterà incuriosito dall’atteggiamento risoluto, colto e distaccato di Mr Bennet – e inizierà con lui un rapporto di amicizia e scambio alla pari, avvicinandosi spontaneamente a quella stessa famiglia che, nel romanzo austeniano, aveva da subito allontanato a causa della presenza degli “elementi di disturbo” qui assenti.
Risiede proprio in questi piccoli-grandi aspetti, a mio avviso, la parte interessante delle variazioni dei classici (quando, come in questo caso, le variazioni non sono delle mere scimmiottature, ma mantengono una dignità e personalità): nello “scoprire come sarebbero potute andare le cose se“.
C’è da dire che Mr Bingley e la sua attitudine sono le medesime del romanzo di Jane Austen: il suo corteggiamento nei riguardi di Lizzy, infatti, finirà col risultare scarsamente interessante per lei e del tutto superfluo per lui nel giro di poco tempo. L’arrendevolezza e la facilità con cui il suo carattere viene influenzato da elementi, opinioni o pensieri esterni sono tratti del carattere di Charles Bingley che l’autore ha scelto – giustamente, secondo me – di mantenere invariati. Sarà l’improvviso e non premeditato arrivo a Longbourn di un trittico di personaggi a donare alla trama de La figlia di Mr Bennet un nuovo turning point.
Dovete fare una scelta. Vivere nell’incertezza e nella possibilità che possiate sbagliare o scegliere di non vivere affatto.
Sullo sfondo della narrazione, infatti, ecco ricomparire Mrs Yates (tristemente vedova), Jane Bennet e una ben più contenuta Lydia Yates – purtroppo, Timothy Underwood ha scelto di elidere dalla trama della sua variazione i personaggi di Kitty e Mary (ma, in questo ultimo caso, la Vintage Editore ci offre Un’insolita Mary per consolarci dall’assenza di questo personaggio!). L’incredulità iniziale lascerà spazio alle molteplici reazioni dei personaggi che abbiamo avuto modo di conoscere fino a questo punto. Su tutti, sono le reazioni di Mr Bennet, di Elizabeth e di Charles Bingley a restare quelle maggiormente significative. Il padre di famiglia, infatti, sorprenderà i lettori con la propria pacata capacità di ascolto e perdono; Lizzy, invece, si opporrà alla presenza delle tre “estranee” e dovrà lavorare molto su se stessa per ammorbidire gli spigoli appuntiti dallo scorrere del tempo; Mr Bingley si comporterà esattamente come chiunque si sarebbe aspettato e inizierà il corteggiamento di Miss Jane.
Non ve ne faccio una colpa. Davvero, io sono felice di essere la figlia di Mr Bennet, su questo non c’è alcun dubbio. Diversamente da Jane, non c’è nessun Papà Yates nella mia testa. Sono felice così.
L’arrivo della ex-signora Bennet, tuttavia, fornirà al lettore anche una buona dose di elementi di investigazione: il titolo del romanzo di Timothy Underwood, infatti, fa soprattutto riferimento ai dubbi che, nel corso della narrazione, sorgono circa la reale paternità di Elizabeth. Tali sospetti – che volutamente non approfondisco per non togliere il gusto della scoperta personale! – infittiranno la trama e saranno in grado di creare quella lieve tensione che resterà un sottofondo costante durante tutta la lettura del romanzo.
Le vicissitudini dei nuclei familiari riuniti saranno intervallate da alcune sotto-trame dedicate a Georgiana Darcy e Charlotte Lucas – e assisteremo anche alla comparsa di Mr George Wickham, al quale è stata assegnata un’indole ancora più gretta di quella che abbiamo potuto conoscere nel romanzo austeniano – che renderanno la narrazione scorrevole e appassionante fino all’arrivo degli ultimi capitoli, dove le nostre due eroine del cuore (Jane e Lizzy), come nei migliori romanzi della zia Jane, riusciranno a trovare una concreta dose di serena felicità.
Ed è quell’amore, quella scelta di amare, nonostante le incertezze, è quella capacità di amare che ci rende degli esseri dotati di spirito e non di sola carne. Ed è questo che fa di noi una famiglia.
E Mr Darcy, mi chiederete?
Beh, Mr Darcy è presente in tutte le (quasi) seicento pagine de La figlia di Mr Bennet, ma ricopre certamente un ruolo marginale. Il romanzo di Timothy Underwood è un romanzo incentrato con coscienza – e, a mio avviso, volutamente – su alcune delle principali figure femminili di Orgoglio e Pregiudizio. Gli uomini – eccezion fatta per Mr Bennet – sono posti al perimetro e, sovente, hanno una caratterizzazione quasi manichea, difficilmente malleabile; restano immobili e sedimentati dentro loro stessi. I personaggi femminili, al contrario, mutano seguendo i suggerimenti del cuore e della crescita, cedono al perdono consapevole, si affidano al ragionamento e all’intelligenza per compiere scelte quanto più possibili adeguate e corrette, che sapranno condurle a un Epilogo in linea con il loro vero sentire.
Abbiamo scambiato delle parole. Parole, parole, solo parole. Ma abbiamo mai parlato di qualcosa di importante?
Dati tecnici:
Titolo originale: Mr Bennet’s Daughter
Autore: Timothy Underwood
Traduttore: Anna Maria Corda
ISBN: 9788894521276